“Di pesci e cristiani, diremmo, la cucina marettimara nutre con i sapori del suo mare e della sua terra, e diventa cultura culinaria eccellente ed esperienza unica.
Cùscusu, pisci a ghiotta, a matalotta, a brurettu, cavatunedda ca sarsa, pasta c’alausta, pisci r’ova, carcocciuli, cosi ruci: pignolo, petra mennula, cubbàita di giuggiulena, cuddureddi ri fico e spinci, campanara cu l’ovo, cazziruci e pacchiazzi, viscotti ri zita… Percorsi di gusto, che sono anche partecipazione a tradizioni profonde, storie e cultura del mare (pesca, salagione…), tra colori ed essenze dell’isola.
Aspetto della cultura materiale, fondante dell’identità, in un percorso dei sapori che sia anche cura e recupero di tradizioni, ma anche innovazione per divenire un aspetto centrale e riconoscibile nell’esperienza dell’isola.”
“Hiera, Oggi e domani… percorsi mediterranei”
I piatti tradizionali di questa isola non possono che essere a base di pesce. Mentre il pesce salato (sarde, angiove o scurmi con sale e satareddu) o seccato al sole (minnule, ritunni, cicireddu), solitamente viene servito come antipasto e apre un pranzo (un tempo era solo la cena), quello fresco viene cucinato nei modi più semplici: arrostito con ammògghio o con salmoriglio, a ghiotta, a matalotta, a brurettu e con il cùscusu. Tutti piatti antichi, cucinati in modo armonioso, che rendono la cucina di Marèttimo semplice ma particolarmente gustosa.
Specialità dell’isola è la pasta con l’aragosta in brodo.
I pisci r’ova però, niente hanno a che vedere con i pesci, essendo delle frittelle d’uova e mollica di pane condite con salsa di pomodoro, zucchero e cannella. Di origine presumibilmente araba, si preparavano quando il mare era troppo grosso per uscire a pesca. Così ci si arrangiava con le uova e la mollica di pane, dando al tutto magari una forma allungata di pesce, come auspicio per le uscite successive.
Curiosamente i marettimari non considerano il pesce adatto alle occasioni religiose. Infatti, il 19 marzo, per la taulata di San Giuseppe, durante la festa più importante della comunità, per tradizione ai tre personaggi che interpretano Gesù, Maria e Giuseppe vengono serviti cavatunedda ca sarsa (ditalini al sugo di pomodoro), pisci r’ova, carcocciuli (carciofi) bolliti, fave fresche di stagione, partualla (arance) per frutta e tante cosi ruci (dolci): pignolo, petra mennula, cubbàita di giuggiulena. La lista dei dolci si completa con cuddureddi ri fico e spinci a Natale: queste ultime sono delle deliziose frittelle di pasta lievitata, da mangiare calde dopo essere state spolverate di zucchero e cannella; i campanara cu l’ovo a Pasqua, assieme a cassateddi e testi turchi. In passato, in momenti rigorosamente non religiosi, si deliziava il palato con cazziruci e pacchiazzi; mentre i viscotti ri zita (pan biscotto con semi di finocchio o cumino) erano per i matrimoni. Per gli altri giorni c’erano anche i tipici biscotti fatti nel forno a legna come i digirini, taralli, mustazzoli e squarati. Il tutto accompagnato dai rosoli fatti in casa.