Due voci possenti ha l’isola di Marèttimo: la voce del mare e la voce della montagna. La gita in barca per fare il giro dell’isola è l’attività che più di tutte vi farà scoprire il richiamo forte del suo mare.
Bisogna salpare su un’imbarcazione per ammirare le bellezze naturali della costa, non tutte raggiungibili a piedi, e assaporare la magica atmosfera delle acque che le bagnano. Ogni tratto, ogni insenatura vi mostrerà quanto la vita della gente di quest’isola è stata e continua ad essere profondamente legata al mare non solo per necessità ma anche per diletto.
Affidandovi all’abilità dei barcaioli locali, questi vi accompagneranno in una minuziosa esplorazione della costa navigando scoglio dopo scoglio.
È possibile reperire presso l’Associazione CSRT “Marèttimo” una particolare cartina dell’isola che riporta in modo dettagliato i nomi della costa in dialetto marettimaro, così come sono stati trascritti da Mario Genco, su suggerimento del pescatore Vincenzo Ricevuto, nel Trattato generale dei pesci e dei cristiani.
Seguire il periplo scoprendone i nomi ed ascoltare gli aneddoti e leggende raccontate dai barcaioli è un’esperienza da non perdere.
Si parte dal paese imbarcandosi allo Scalo Nuovo o allo Scalo Vecchio e si procede verso Nord.
A poca distanza, la prima grotta che s’incontra è quella del Cammello con lo scoglio omonimo a forma, appunto, di cammello accovacciato con le due gobbe visibili. Una volta entrati, la vera sorpresa: nella parete a sinistra c’è il volto dell’animale, ‘u mamiddu, scolpito da Madre Natura. La volta della grotta è parzialmente crollata e nelle ore più assolate offre uno straordinario spettacolo di luci riflesse. All’interno tre piccole spiagge, antico riparo di u mammarinu, la Foca monaca, (Monachus monachus), che un tempo veniva avvistata all’interno della grotta.
Uscendo da essa, si prosegue lasciando appesi sulla sinistra i cugghiuna di Mastro Martino.
Più avanti una ripida parete, levigata dai venti di ponente e maestro, ci segnala che stiamo passando dall’allisciato per arrivare o Maniune, a sud del promontorio di Punta Troia. A pochi metri sul livello del mare si osserva una piccolissima grotta che dava riparo ai pescatori.
Oltrepassando Punta Troia si trova, affiorante, u scogghiu a dannata e ci si imbatte nella Grotta del Tuono, nome dato dal boato che emette all’infrangersi dei marosi. Superando la Punta du Cottiri e Sant’Anna, si arriva allo Scalo Maestro, il più antico riparo dell’isola, da sempre ormeggio di natanti. Le grotte erose sulla spiaggia sono servite da ricovero a tanta gente di mare che ha trovato approdo in quest’isola fino all’epoca della costruzione del castello.
Le tracce della sosta di navi e vascelli sono maggiormente evidenti all’interno del ramo fossile della Grotta della Pipa, dove Jacopo Merizzi e Andrea Micheli nel 2002 scoprirono quella che si è rivelata una vera banca dati di tante civiltà passate sull’isola .
Si prosegue per la Praia du Libàno, dove u Scrittu, pare indicasse un’antica descrizione o un numero inciso in circostanze misteriose, forse un invocazione alla dea Iside.
Ora si oltrepassano due scogli uguali come fratelli gemelli, detti du Frati. In questo tratto bisogna fare molta attenzione agli scogli affioranti, buzzoli e chianche (aguzzi scogli affioranti), pericolosi per la navigazione. Sopra si vede lo scenario fantastico del pianoro della Chiana a Ruta attraversato dal sentiero per Cala Bianca.
Prima di doppiare Punta Mugnone vi è a Balata Alèra, con la presenza di acqua dolce segnata da una colonia quasi sempre presente di gabbiani reali, Larus michahellis. Superata la punta, estremo vertice nord-occidentale di Marèttimo, si vede, senza entrare dentro, la Grotta della Tazza e più avanti, sopra la secca di Cala Vianca, le tracce di una cava di marmo rosso fortunatamente abbandonata.
Adesso è il momento di entrare in una grande baia, dove il mare si fa sempre più azzurro, a tratti bianco come l’acqua in una piscina. Picchi aguzzi di roccia dolomitica rosacea si specchiano sul mare. Siamo nell’azzurrino mare di Cala Bianca, un panorama unico, luogo tra i più suggestivi dell’isola. L’imponente vista dei barranchi che si specchiano in acqua hanno valso a questo scenario l’appellativo di Dolomiti sul mare.
Qui, una grotta conosciuta solo con l’avvento del turismo, a rutt’i Cala Vianca, detta oggi delle Sirene o degli Innamorati, vi permetterà, con una piccola immersione a pelo d’acqua per circa due metri, di entrare in un’altra grotta appena illuminata da un buco nella roccia e dai raggi solari che, filtrando dal basso, creano colori e suggestioni singolari.
Visitare questa zona (Zona A dell’Area Marina Protetta), ed in particolare i barranchi, al tramonto significa regalarsi un aspetto imperdibile della natura: la sua immensa, perfetta e rasserenante bellezza.
Un esperto barcaiolo a questo punto vi farà provare il brivido di entrare all’interno di questa meravigliosa parete perché attraversando la Grotta Perciata vi sembrerà di penetrare dentro la viva roccia. Segue un’altra piccola grotta, quella del Tàuro. Subito dopo un momento mistico alla presenza delle sacre figure del Presepe all’interno dell’omonima grotta dove, con un poco di fantasia, stalattiti e stalagmiti vi daranno l’impressione di vedere lo scenario della Natività.
Continuiamo la navigazione. In una bellissima conca è racchiusa una serie di piccole e grandi grotte dette i Ruttiddi, godibili anche a nuoto. Altre si possono raggiungere arrampicandosi, con una certa difficoltà, per alcuni metri dal livello del mare.
Nella successiva grotta, detta della Ficaredda, il forte odore vi segnalerà la presenza dell’uccello delle tempeste (Hydrobades pelagicus), piccolo uccello pelagico conosciuto dai locali come bellimaricchio o bellimanicchio.
La Grotta Bombarda chiude la serie delle più grandi grotte di Marèttimo. Per la sua imponenza si potrebbe definire “il duomo” (“la cattedrale” si trova sott’acqua) delle grotte dell’isola. È sormontata dalla mitra du papa, un grosso stalagmite che la fantasia popolare ha fatto somigliare al copricapo del sommo pontefice. In fondo alla grotta una sbuffatura improvvisa d’acqua che fuoriesce da un buco è sempre anticipata da un piccolo boato, è questo scoppio che da il nome alla grotta.
Dopo si arriva a Cala Spalmatore, dove, in quella che un tempo doveva essere una grande spiaggia, tanti vascelli pirateschi venivano tirati in secco per spalmare di grasso o di pece i loro scafi e prepararli alla successiva incursione. Il ritrovamento di alcuni cannoni sul fondale antistante la cala ne sono testimonianza. Va ricordato che la spiaggia di Spalmatore di Libàno e altre si esaurirono per via del prelievo sconsiderato della ghiaia trasportata per secoli da schifazzi provenienti da Trapani, Marsala e Palermo per essere utilizzata come materiale da costruzione fino agli anni Cinquanta.
Proseguiamo per lo sbarcatoio, piccolo porticciolo utilizzato dai faristi, nell’ansa a nord di Punta Libeccio. Doppiato l’isolotto di Punta Libeccio, si passa la praia di Cala Nera.
È già da un po’ che il Faro si impone maestoso al vostro sguardo. La sua torre ottagonale si erge a 73 m sul livello del mare, costruito nel 1860 domina la costa Ovest con i suoi 24 m di altezza. Di fatto, per importanza, era il secondo faro d’Italia dopo la Lanterna di Genova. Ha una portata luminosa di 42 miglia tanto che la sua luce arriva ad intrecciarsi con quella del Capo Bon in Tunisia.
La più bella spiaggia di Marèttimo è la Praia di Mase u Crastu, vicino al Cretazzo, secca da cui ci si tiene a dovuta distanza: solo l’abile barcaiolo ci passerà in mezzo. Ora si passano il Cardone, l’Alera, la Zotta Muletti e l’azzurra insenatura della Conca con l’omonima spiaggia, e poi ancora u curtigghiu e Punta Cala Martinu. Lì vicino, un fondale di 30 metri, custodisce la grotta sommersa della Cattedrale, per gli esperti subacquei si tratta di un’immersione da favola.
Continuando il giro dell’isola, si passa la Facciazza, che prende il nome da un curioso volto scolpito dalla natura sulla roccia, per poi doppiare Punta Basano. È il momento di un breve saluto con un cavalleresco inchino e un cenno di levata di cappello per rispetto a una “particolare” fessura sulla vostra sinistra (chiedete al barcaiolo, ammiccando vi spiegherà il perché!).
Alla vista del centro abitato, un ultimo tuffo prima di mettere piede allo Scalo Nuovo va fatto al largo del Finocchio Marino in uno specchio di mare cristallino.
La vista della Praia i Nacchi vi farà rendere conto di come raggiungere a piedi dal paese la bella spiaggia dei Calacciuna. Ora si vedono in sequenza il cimitero e la Madonna del Rotolo. Siamo arrivati allo Scaru Novu ma non è scendendo dalla barca che finisce la vostra gita.
Pur avendo messo i piedi sulla calda banchina, continuerete a godere dei benefici del mare e delle virtù di quest’isola confermando pienamente quanto Paracelso, scienziato e medico del Quattrocento, ha affermato: “Il luogo dove vi è più energia al mondo è quello dove l’elemento acqua si unisce all’elemento terra. In riva al mare, al sole, dove anche l’elemento fuoco è presente, l’energia è ancora maggiore. A cui si unisce la forza dell’aria, data dalla brezza del vento”.